Tat param purusa-khyâter gunavaitrisnyam
Il distacco supremo è quello che è oltre tutte le attrazioni che si fondano sul gioco dei guna.
L'atto della creazione rappresenta una scissione dell'originario principio indifferenziato, dell'iniziale unità tra spirito e materia, che conduce, attraverso successive trasformazioni, al mondo fenomenico in cui viviamo.
La materia che lo costituisce è la risultante oscillante dell'interazione di forze antagoniste, che vengono chiamate guna e sono causa dello stato mutevole della natura, della transitorietà di tutti i fenomeni.
I guna si trovano sempre in condizione di equilibrio instabile e caratterizzano ogni aspetto della manifestazione come anche la mente dell'uomo che, per questo motivo, passa da uno stato all'altro con estrema facilità .
Le vritti (modificazioni dello stato mentale) sono infatti causate dall'alternanza dei guna: nella mente non coltivata prevalgono tamas e rajas ed grazie a questa influenza che l'uomo lotta per realizzare i propri desideri, calpesta il sentiero altrui e cerca di annientare qualunque ostacolo o persona si ponga sul suo cammino.
Nello Yoga si osserva il gioco di questi «fenomeni» e si tenta di trovarne le cause per poter superare ogni condizionamento; i desideri infatti spesso nascono in seguito alla manifestazione ricorrente di stati interiori all'apparenza innocui - ansia, tristezza, solitudine e molti altri - ai quali generalmente non viene data importanza ma che, al contrario, andrebbero analizzati e dissolti.
La cessazione dei desideri - non la loro repressione - regola il processo della nostra crescita. Se l'uomo persevera nel vivere nell'ignoranza (avidyâ) è destinato a sperimentare per molte vite la sofferenza: l'essere umano è infatti responsabile di sé stesso, non può attribuire la colpa degli eventi al destino o ad altre forze; questa responsabilità , per quanto gravosa, comporta però la possibilità di modificare i comportamenti, il carattere, la vita.
Se sviluppiamo viveka (discriminazione) e vairâgya, le vâsanâ attive (impressioni che giacciono nell'inconscio, generate dalle esperienze passate), con il tempo si acquietano pur senza scomparire; ne restano le tracce, che come semi possono improvvisamente germogliare e riproporsi ogni volta che si presentano le condizioni adatte.
Per arrivare al vairâgya supremo, di cui si parla in questo sûtra, bisogna riuscire a bruciare anche questi semi dell'attaccamento e dei desideri, in modo che non possano rinascere in alcuna situazione; un tale stato si può realizzare nel kaivalya, che è la meta dello Yoga, in cui la coscienza ha riconquistato la sua vera essenza e si assiste ad un totale «riassorbimento» dei guna.
Lo Yoga tratta della totalità dell'essere e offre la conoscenza delle leggi supreme. Patañjali non invita a credere ma a sperimentare, perchè questa via si fonda sull'esperienza diretta: non impone regole, ma indicazioni che devono, se si è pronti, essere vissute.
Non dobbiamo dimenticare che lo Yoga ha come obiettivo lo svelamento della Realtà ultima alla cui luce tutta la manifestazione appare transitoria; la gemma più fulgida ha lo stesso valore di un sasso, il cibo è solo un mezzo che ci è offerto perché si possa esprimere l'Amore; allora il nostro cuore si sente pronto e si esprime. di MP
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