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Sutra I.16

Sutra I.16

Il distacco supremo è quello che è oltre tutte le attrazioni che si fondano sul gioco dei guna

17 novembre 2007
तत्परं पुरुषख्यातेर्गुणवैतृष्ण्यम्॥१६॥

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Glossario sanscrito

Tat param purusa-khyâter gunavaitrisnyam

Il distacco supremo è quello che è oltre tutte le attrazioni che si fondano sul gioco dei guna.

L'atto della creazione rappresenta una scissione dell'originario principio indifferenziato, dell'iniziale unità tra spirito e materia, che conduce, attraverso successive trasformazioni, al mondo fenomenico in cui viviamo.

La materia che lo costituisce è la risultante oscillante dell'interazione di forze antagoniste, che vengono chiamate guna e sono causa dello stato mutevole della natura, della transitorietà di tutti i fenomeni.

I guna si trovano sempre in condizione di equilibrio instabile e caratterizzano ogni aspetto della manifestazione come anche la mente dell'uomo che, per questo motivo, passa da uno stato all'altro con estrema facilità.

Le vritti (modificazioni dello stato mentale) sono infatti causate dall'alternanza dei guna: nella mente non coltivata prevalgono tamas e rajas ed grazie a questa influenza che l'uomo lotta per realizzare i propri desideri, calpesta il sentiero altrui e cerca di annientare qualunque ostacolo o persona si ponga sul suo cammino.

Nello Yoga si osserva il gioco di questi «fenomeni» e si tenta di trovarne le cause per poter superare ogni condizionamento; i desideri infatti spesso nascono in seguito alla manifestazione ricorrente di stati interiori all'apparenza innocui - ansia, tristezza, solitudine e molti altri - ai quali generalmente non viene data importanza ma che, al contrario, andrebbero analizzati e dissolti.

La cessazione dei desideri - non la loro repressione - regola il processo della nostra crescita. Se l'uomo persevera nel vivere nell'ignoranza (avidyâ) è destinato a sperimentare per molte vite la sofferenza: l'essere umano è infatti responsabile di sé stesso, non può attribuire la colpa degli eventi al destino o ad altre forze; questa responsabilità, per quanto gravosa, comporta però la possibilità di modificare i comportamenti, il carattere, la vita.

Se sviluppiamo viveka (discriminazione) e vairâgya, le vâsanâ attive (impressioni che giacciono nell'inconscio, generate dalle esperienze passate), con il tempo si acquietano pur senza scomparire; ne restano le tracce, che come semi possono improvvisamente germogliare e riproporsi ogni volta che si presentano le condizioni adatte.

Per arrivare al vairâgya supremo, di cui si parla in questo sûtra, bisogna riuscire a bruciare anche questi semi dell'attaccamento e dei desideri, in modo che non possano rinascere in alcuna situazione; un tale stato si può realizzare nel kaivalya, che è la meta dello Yoga, in cui la coscienza ha riconquistato la sua vera essenza e si assiste ad un totale «riassorbimento» dei guna.

Lo Yoga tratta della totalità dell'essere e offre la conoscenza delle leggi supreme. Patañjali non invita a credere ma a sperimentare, perchè questa via si fonda sull'esperienza diretta: non impone regole, ma indicazioni che devono, se si è pronti, essere vissute.

Non dobbiamo dimenticare che lo Yoga ha come obiettivo lo svelamento della Realtà ultima alla cui luce tutta la manifestazione appare transitoria; la gemma più fulgida ha lo stesso valore di un sasso, il cibo è solo un mezzo che ci è offerto perché si possa esprimere l'Amore; allora il nostro cuore si sente pronto e si esprime.

di MP

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Sutra recitato da Gabriel Pradiipaka. Riproduzione per cortesia di www.sanskrit-sanscrito.com.ar...

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