Il Brahmasûtra è una raccolta di 555 aforismi (sûtra) che trattano del Brahman, il Principio assoluto da cui ha origine il mondo.
La loro compilazione scritta, articolata in quattro capitoli o libri, è attribuita a Bâdârâyana, maestro della cui vita quasi nulla si conosce, e risale al III secolo a. C. oppure, secondo altre fonti, ai primi secoli d. C., anche se in precedenza gli aforismi erano tramandati in forma orale.
Il Brahmasûtra è conosciuto anche con il nome di Vedântasûtra poiché rappresenta, dopo le Upanisad, il testo fondamentale dell'esegesi vedantica.
Data la vastità e la complessità dell'argomento, la riflessione che segue, che nello specifico è parte di un dialogo avvenuto tra un istruttore anonimo e un gruppo di ricercatori presso un cenobio spirituale, non ha assolutamente la pretesa di esaurirne i contenuti.
E' altresì vero che quando si parla di Dio e del Bello, l'anima, come toccata dal Soffio dello Spirito, per un «attimo» può risvegliarsi dal suo torpore.
L'augurio è quindi che queste parole possano contribuire in piccola parte a stimolare il ricercatore nel risveglio all'infinita Bellezza del Supremo.
Ora possiamo fare un riepilogo insieme, nel senso di contribuire un po' tutti a quello che viene detto.
Abbiamo detto che l'Assoluto, Brahman, deve essere considerato la Fonte di ogni cosa.
Però abbiamo anche considerato che in questo suo essere Fonte, non si può concepire come un qualcosa di assolutamente neutrale, anche perché abbiamo visto che il testo in un passaggio lo definisce, in questo suo essere Fonte, usando la parola «Pace».
Quindi è Fonte di tutte le cose, ma in questo suo essere Fonte trasmette una certa «qualità essenziale» alle cose.
A questa qualità essenziale, secondo me, dobbiamo dare un nome. Il nome più bello che io riesco a trovare è «Amore».
Se non fosse così, se le cose che derivano dalla Fonte non avessero quella qualità essenziale, da quel poco che ho capito le cose non ci aiuterebbero a tornare alla Fonte, a Lui; non potremmo neppure concepirlo.
Quindi siamo d'accordo che il Brahman è la Fonte suprema, la Realtà prima e ultima di tutte le cose. Questo insieme di cose però ha in sé una qualità essenziale, capace di riportarci alla Fonte.
Suggerirei di chiamare «Amore» questa qualità essenziale in quanto ci permette di conoscerlo.
Ora, dato che questa qualità essenziale che troviamo ovunque ci permette di conoscerlo, ne consegue che non può essere eliminata, non può essere considerata provvisoria, perché è la qualità essenziale attraverso cui la Fonte si dà a noi.
In questa chiave la Manifestazione non può essere considerata un accidente, una pura illusione, un'apparizione provvisoria, un dato aleatorio.
Ogni cosa costituisce un mezzo in quanto possiede la qualità essenziale attraverso cui la Fonte si dà .
Noi possiamo comprendere parzialmente la Fonte poiché tutte le cose, abbiamo detto, possiedono una sua qualità essenziale: l'Amore.
So che è un po' problematico attribuire una qualità alla Fonte, ma non lo sto dicendo io, l'abbiamo trovato nel testo, lì dove viene indicata col termine «Pace».
Comunque la sintesi che propongo è questa: se l'Assoluto si dà come Fonte di tutto attraverso questo sapore originario che è l'Amore, le cose non possono essere buttate via, perché sono quelle che ci permettono di attingerlo.
Tra tutte le cose ci siamo anche noi naturalmente, i fratelli, il mondo, gli animali, ecc.
Questa è una prima sintesi, secondo me, sulla quale si può ragionare, poi se avete altri contributi che volete mettere a disposizione, sempre relativamente al Brahman sicuramente ci arricchiranno tutti.
Il testo ci aiuta a capire come ci sia una continuità tra Fonte e quello che deriva dalla Fonte. Se c'è questa continuità potremmo anche pensare che l'essenza che troviamo nelle cose proviene da quella Fonte.
Questa essenza, dice il testo, non proviene mai da qualcosa di intermedio: Atman, prana, pradhana, etc.
Nella Fonte sono la stessa cosa.
E «la stessa cosa» è nelle cose. di Lamberto Breccia
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