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Da Delhi all'Himalaya

Da Aurobindo ai Sufi e alle oracolesse tantriche: un viaggio nel potere della poesia

Da Delhi all'Himalaya
27 aprile 2009

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Glossario sanscrito

Il nostro viaggio parte da Nuova Delhi, la capitale dell'India, metropoli affollata e caotica in cui non è impossibile trovare straordinari luoghi di pace, come il Centro Studi Sri Aurobindo.

Aurobindo

Aurobindo è uno dei maggiori filosofi dell'India moderna. Egli si dedica in particolare allo yoga, intendendo con la parola yoga una filosofia applicata alla vita e tesa all'evoluzione dell'essere umano.

Rifacendosi alle più antiche radici della cultura indiana, raccolte nei Veda, Aurobindo espone un nuovo metodo yoga, rivoluzionario e antichissimo al tempo stesso: il «purna yoga», o «yoga integrale». Si tratta di uno yoga evoluzionistico, teso a creare un uomo dopo l'uomo, capace di un pensiero e di una vita superiore.

Sri Aurobindo

Sri Aurobindo

Non lasciare che la prudenza del mondo mormori alle tue orecchie, poiché è giunta l'ora dell'inatteso, dell'incalcolabile, dell'incommensurabile. Non misurare il potere dello Spirito con i tuoi strumenti insignificanti, ma abbi fiducia e prosegui il cammino. Soprattutto mantieni libera la tua anima, anche solo per un po', dal clamore dell'ego. Allora un fuoco illuminerà per te la notte, la tempesta ti sarà amica e il tuo stendardo sventolerà sulle altezze sublimi della grandezza finalmente conquistata. Sri Aurobindo, The hour of God - ed. Sri Aurobindo Ashram, p. 4.

Aurobindo lavora fianco a fianco con Mirra Alfassa, una parigina venuta a stare in India per vivere accanto al maestro e chiamata da Aurobindo stesso «Mère», la Madre.

Aurobindo e Mère sono venerati come santi dai loro discepoli in India.

«Madre» non è un titolo conferito a caso. Tutto il pensiero di Aurobindo ha una forza ispiratrice: la divinità femminile, la dèa delle antiche civiltà, l'anima delle umanità protostoriche. Umanità «altre», quelle ispirate dal simbolo della grande Madre, dotate di metodi di pensiero, di valori, di percezioni diverse rispetto a quelle che caratterizzano l'uomo attuale.

Uscire da noi stessi, dalle nostre certezze, che sono più false delle bugie, dai nostri piccoli ego, è, per Aurobindo, la via dell'evoluzione dell'uomo.

Ecco che i simboli di una umanità «altra», in quanto oggetti di contemplazione capaci di elevarci al di sopra di noi stessi, diventano strumenti fondamentali del cammino verso la libertà dal conosciuto, verso l'ignoto segreto del nostro futuro. La Madre, il simbolo sacro più antico, diventa la chiave segreta per creare l'uomo del futuro.

Kali

L'evoluzione non è terminata; la ragione non è l'ultima parola della natura, né l'animale raziocinante la sua forma suprema. Come l'uomo è emerso dall'animale così dall'uomo emerge il superuomo. Sri Aurobindo, Pensieri e Aforismi - ed. Arka, p. 268.

È nell'antichità che si cela il Sacro Graal... ed è l'antico simbolo della Madre che l'uomo deve conoscere per svelare il mistero dell'avvenire.

Il segreto sepolto nel passato, però, non può essere ritrovato con gli strumenti mentali ordinari.

«Non tentate di comprendere e di giudicare la Madre Divina con la vostra piccola mente terrestre. La mente umana, rinchiusa nella semi-oscurità della sua prigione, non può seguire la libertà multilaterale dei passi della divina Potenza della Madre. Non ascoltate la vostra mente, essa non riconoscerà la Madre nemmeno quando è dinanzi a voi. Seguite la vostra anima e non la vostra mente». Sri Aurobindo, The Mother - Sri Aurobindo Ashram Press, p. 59.

Ma come elevarsi al di sopra della mente?

A sostegno del cammino dello yoga integrale, grande importanza ha per Aurobindo l'esperienza estetica. La bellezza sprigionata dall'atto poetico e la gioia che l'accompagna sono per il maestro un veicolo dell'elevazione spirituale.

Che tutto in te sia gioia, questa è la tua meta. Aurobindo, Pensieri e Aforismi - ed. Arka.

Per numerosi anni, Aurobindo si dedica alla stesura del più vasto poema in lingua inglese che sia mai stato scritto: il Savitri. È in questa opera che il maestro descrive la sua visione intima dello yoga: ne emerge evidente che il cammino dello yoga integrale è la poetica avventura della vittoria dell'amore sulla morte.

Io sono uno yogin perché sono un poeta, ebbe a dire il maestro.

La gioia dell'esperienza estetica è il mezzo della realizzazione spirituale. L'India è piena di esempi che parlano di ciò.

Lasciandoci liberamente trasportare dall'ispirazione, arriviamo in Kashmir e, attraversando i secoli, incontriamo prima un altro grande yogin, Abhinavaguptha, e poi ci sorprendiamo al cospetto della magia dei sufi.

Abhinavagupta

Abhinavagupta, filosofo e maestro del cosiddetto yoga shivaita kashmiriano, vissuto nella prima metà dell'XI secolo, dà al godimento sprigionato dall'esperienza estetica toni naturali, primordiali.

Nella sua filosofia e nel suo yoga, l'atto poetico è decisamente il mezzo immediato dell'elevazione spirituale e non ha bisogno d'altro...

La naturalezza della filosofia di Abhinavaghuptha lascia senza fiato, proprio come i magnifici paesaggi della valle del Kashmir, un anfiteatro circondato da alte montagne che paiono ergersi a protezione di antichi segreti.

Ma cosa rende il piacere dell'esperienza estetica un mezzo così potente?

Il poeta può trasvalutare. Egli può elevarsi al di sopra del senso comune. Ciò che comunemente è fonte di paura e limitazione, è per il poeta l'inizio di infinite possibilità creative.

Cantando e danzando, il poeta si manifesta come membro di una comunità superiore, nella quale l'uomo è il maestro delle cose, non la vittima delle loro reazioni.

Il poeta può entrare negli spazi più segreti dell'animo umano. Nulla gli rimane celato, poiché la poesia svela nell'ombra la fonte della luce.

Egli vede simultaneamente nella vita e nella morte, nel cielo e nella terra e, guardando con sguardo naturale, non percepisce paradisi, né inferni; ma solo cielo sopra di sé e solo terra sotto di sé. Questa è la libertà mozzafiato a cui Abhinavaguptha allude, attingendo a una simbologia arcaica e perenne.

Centro di questa simbologia è la Madre, la Shakti, la Forza, nel linguaggio di Abhinavagupta e di Aurobindo. Accanto alla Shakti, la sua controparte maschile, il dio in natura: Shiva. Se la Shakti è pura potenza, Shiva, in quanto principio maschile, è pura consapevolezza. Uniti, Shiva e Shakti rappresentano la condizione della totale realizzazione.

Attraverso la meditazione realizzativa, condotta nella molteplicità dei principi, si rivela infine la realtà, cioè la propria identità con Shiva. Allora, quale sofferenza, o turbamento può più affliggerci? Abhinavagupta, Essenza dei Tantra - ed. Bur Classici.

I sufi

Srinagar, il capoluogo del Kashmir, è una città molto antica, fu fondata oltre 2.000 anni fa. Oggi chi si reca a Srinagar vede nei numerosi militari indiani, che fanno la ronda incessantemente per le strade, la piaga di una regione - il Kashmir - conteso, per motivi storici, sociali e religiosi, tra tre diverse nazioni: India, Pakistan e Cina.

Srinagar

Srinagar

A Srinagar si respira la presenza viva del sufismo, una corrente mistica molto antica il cui simbolismo scaturisce, anch'esso, da una visione arcaica e naturale. Diffusosi nel mondo mussulmano, il sufismo rappresenta oggi una corrente trasversale all'interno dell'islam, spesso non bene accetta dall'islam più ortodosso per il suo carattere spontaneo e immediato.

La bella moschea di Khanqah-e-Moulla, interamente costruita in legno sulle rive del fiume Jhelum, a Srinagar, è il santuario di Shah Hamadhan, un antico poeta e maestro Sufi di origini persiane che ebbe un importante ruolo nella diffusione del sufismo in Kashmir nel XIV secolo.

È attraverso la poesia, la musica e il canto che i sufi si elevano, liberandosi dai vincoli comuni e conquistando il potere della visione che li unisce in una comunità mistica, la quale, nel momento più sacro dello svolgersi del rituale, pare sul punto di volarsene in cielo danzando e cantando.

Le comunità sufi si riuniscono intorno alla figura di un maestro vivente che incarna l'insegnamento di un antico poeta dal quale si sentono particolarmente ispirati. Preferiscono darsi un carattere segreto poiché sono coscienti del fatto che l'indole naturale del sufismo lo rende vulnerabile agli occhi del giudizio comune.

Se volete incontrare un maestro sufi, Srinagar è un luogo ideale, ma non dovrete scoraggiarvi se tutti coloro a cui chiederete vi risponderanno che non esistono sufi in città o persino che non sanno neppure cosa sia il sufismo.

Quando meno ve lo aspetterete, come è successo a noi, qualcuno verrà a bussare alla porta della vostra camera d'albergo per chiedervi di seguirlo, perché qualcun altro vi starà aspettando per parlare con voi... Ma non prendetelo come un gioco, se non siete preparati, se non conoscete un po' il sufismo e non avete un reale interesse, è meglio che evitiate di chiedere.

Leggiamo alcuni versi del poeta sufi Rumi mentre andiamo in barca sul lago Dal con le sue case galleggianti e il mercato, che vede una gran folla di barche e di uomini riunirsi di primo mattino tra i fiori di loto.

Il mio cuore è divenuto capace di accogliere ogni forma
è un pascolo per le gazzelle,
un convento per i monaci cristiani
è un tempio per gli idoli,
è la Ka'ba del pellegrino
è le tavole della Torah,
è il libro del Sacro Corano.
Io seguo la Religione dell'amore,
quale mai sia la strada
che prende la sua carovana:
questo è mio credo e mia fede.

Gialal al-Din Rumi, poeta e mistico sufi.

Lago Dal

Lago Dal

Naropa

Spostandosi dal Kashmir al Ladakh, il paesaggio naturale si fa a tratti più selvaggio e impervio, talvolta surreale, come nella magnifica valle della luna nel cui cuore è deposto un autentico gioiello: il monastero di Lamayaru.

È il Ladakh la terra più selvaggia ed è qui, protetta da passi montani tra i più alti al mondo, da sentieri tortuosi che si snodano nella solitudine delle grandi altezze dell'altipiano tibetano, che ritroviamo, in tutta la sua potenza, la magia della spiritualità ancestrale, della tradizione antistorica, della poesia.

Ladakh

Il Ladakh è ancora India, sebbene per tradizioni, genti e cultura sia assai più simile al Tibet che al resto del subcontinente indiano. Non a caso è stato definito il «piccolo Tibet indiano».

Nella valle della luna il ventre della Grande Madre è onnipresente. Nelle pietre oblunghe che si ergono lungo il cammino gli yogin vedono il lingam, il fallo di Shiva, simbolo di fertilità e potenza.

Muoversi sulla terra ed esplorare la psiche umana rappresentano due cammini distinti ma non separati per il mistico poeta, legato a un sentire spontaneo e immediato.

Ladakh

La valle della luna è piena di caverne dove, la leggenda vuole, abbiano meditato alcuni tra gli yogin più selvaggi: Padmasambhava, il maestro buddhista che si ritiene abbia portato per primo gli insegnamenti esoterici del tantrismo dall'India al Tibet, e Naropa, il maestro ispiratore dello yoga tibetano.

Padmasambhava

Padmasambhava

Attorno a queste caverne sono stati costruiti templi e santuari. Attorno alla caverna in cui meditò Naropa sorse, nell'XI secolo, il monastero di Lamayuru, uno dei santuari più belli del Ladakh. La grotta oggi contiene le statue dei tre grandi maestri dello yoga himalayano: Naropa, Tilopa e Milarepa.

Monastero di Lamayuru

Monastero di Lamayuru

Furono tutti poeti, nobili sovrani delle sublimi altezze.

La suprema condotta è assenza di sforzo, la meta della via degli esseri risvegliati è conseguita senza un cammino da percorrere.
Sulla vetta non vi è sentiero, sulla vetta: nulla.
Non produrre sforzo, non pensare, non riflettere, non analizzare, non ricordare, mantieniti nello stato Naturale.
Tilopa, La Mahamudra.

Accanto ai mistici himalayani, come non menzionare le poetesse, maestre dello yoga esoterico, le cosiddette dakini o «danzatrici del cielo».

La loro parola poetica è ancora viva oggi, rappresenta un metodo di pensiero naturale, un modo di sentire immediato che risuona familiare a diverse persone sparse nel tempo e nello spazio, non è legata a una particolare religione codificata o cultura storica, ma a qualcosa di ancestrale che la rende universale.

Ecco come Yeshe Tsogyel, poetessa himalayana, considerata una incarnazione della madre divina, sposa del guru Padmasambhava, si presenta ai propri discepoli:

Ascoltate attentamene, amici,
Ascoltate bene le mie parole.
Non c'è motivo di abbattimento, abbiate coraggio!
Ora, non riconoscendomi, mi considerate un'entità esterna.
Ma quando mi riconoscerete,
L'unica mente nuda sorgerà dall'interno,
E la Consapevolezza Assoluta pervaderà l'universo.
Il piacere della purezza originaria è racchiusa come un lago;
I pesci dagli occhi dorati dell'acuta percezione si moltiplicano,
Continuate il perfezionamento dell'esperienza visionaria e del piacere.
E sulle ali della perfetta creatività raggiungete l'altra sponda,
Correndo e saltando nei prati delle apparizioni visionarie,
Il seme-essenza del puro piacere è denso come un lago,
Il puro essere e il seme-essenza brillano e pulsano.
Conquisterete il Castello della suprema Conoscenza.
E mentre svanirete nello spazio primordiale, la realtà si estinguerà.
Resterà, allora, soltanto la spontaneità del puro potenziale.
Non c'è altro modo per danzare nel cielo.
Questo è il modo per essere inseparabili da me.

da La Danzatrice del Cielo, Keith Dowman, ed. Ubaldini.

Le oracolesse

Il Ladakh è la terra dove ancora oggi operano oracoli e oracolesse che perpetuano una tradizione direttamente legata all'animismo, allo sciamanismo e ai culti della madre.

Sonam Zangmo vive a Sabu, un piccolo villaggio del Ladakh. Il suo nome iniziatico è Ayu Iamo. Ha ottanta anni ed è ritenuta un'oracolessa di enorme potere.

La facoltà sciamanica le è giunta dai suoi avi, tramandata all'interno della sua famiglia da nonni a nipoti.

Ayu Iamo riceve coloro che hanno bisogno di lei ogni mattina, nella sua casa nel villaggio di Sabu, a non molta distanza dalla città di Lhe, la capitale del Ladakh, situata a 3.500 metri d'altitudine. Tutt'intorno alla dimora dell'oracolessa, le montagne himalayane danno l'emozione della sconfinata potenza della natura.

Ponendo sul proprio capo il cappello dalle cinque punte, che allude al potere dei cinque elementi fondamentali che, nella tradizione tibetana, sono Legno, Fuoco, Terra, Metallo e Acqua, Ayu Iamo inizia la cerimonia che la condurrà nella trance. Compie offerte agli spiriti gettando nell'aria chicchi di riso, acqua e bruciando incenso. Poi al suono ossessivo di una campana e di un tamburello la trance ha inizio.

Ayu Iamo prende a parlare perfettamente la lingua tibetana nella quale canta melodiosi mantra. Impugna il dorje, l'oggetto simbolo del potere spirituale dei lama tantrici, tutto avvolto, a guisa di rocchetto, da un filo di cotone di grosso spessore.

Saskia Rimpoche è l'alto lama che le ha conferito il permesso di esercitare la professione di oracolessa a seguito di un ritiro spirituale che è durato molti anni.

Nella sua trance sciamanica, Ayu Iamo incarna Maha-Kala, la Grande Madre dalla quale riceve messaggi ispirati da elargire ad uno ad uno a tutti gli astanti che le si rivolgono. I messaggi che provengono dalla Grande Madre sono sempre improvvisi e sorprendenti, talora meravigliosi, talora scioccanti e non facili da raccogliere.

Ben prima di Ayu Iamo, una poetessa, una yogini tibetana ebbe a dire:

... il metodo segreto sta proprio nell'aggravare il peso.
Se tutta la realtà non viene aggravata
non si può ottenere la liberazione
con l'uso di antidoti rasserenanti e piacevoli.

Ma gcig, Canti Spirituali - ed Adelphi.

Attraverso il passo Kardung La, che con i suoi 5620 metri di altezza è il passo carrozzabile più alto del mondo, il viaggio continua nella meravigliosa valle della Nubra dove villaggi e popoli ancora allo stato animista non finiscono mai di stupire il viaggiatore.

Ladakh

Ed è proprio l'esperienza della meraviglia che più di tutte ci avvina al sentire degli yogin, dei maghi, dei poeti, dei «nobili sovrani» e delle «danzatrici del cielo».

Percorriamo questo sentiero sulle ali dorate dell'acuta percezione di un canto del mistico Milarepa.

Lassù, in mezzo al cielo azzurro,
la coppia del sole e della luna vive felicemente:
è il palazzo meraviglioso degli dèi.
A est sulla montagna innevata dal picco di cristallo, il bianco leone delle nevi vive felicemente. È il re che governa sui quadrupedi,
come segno di grandezza, non mangia carne putrefatta.
Quando scende verso i prati verdi,
possa la tormenta di neve non diventargli nemica!
A sud, al riparo del folto della foresta,
la tigre dal manto striato vive felicemente:
è il campione di tutte le belve,
come segno di coraggio, non esita a sacrificare la vita.
Quando vaga per i sentieri stretti,
possa la trappola non diventarle nemica!
A ovest, nel turchese scintillio del lago
Il pesce dalla pancia bianca vive felicemente;
è il danzatore dell'elemento acqua,
per lo stupore rotea i suoi occhi dorati.
Quando insegue i cibi che desidera,
possa l'amo non diventargli nemico!
A nord sull'immensa roccia rossa,
l'avvoltoio, re degli uccelli, vive felicemente:
è il veggente tra i pennuti
meraviglia! Non uccide i suoi simili.
Quando cerca il cibo tra le vette delle tre montagne,
possa la rete non diventargli nemica!

Milarepa, Centomila Canti - ed Adelphi.

di Selene M. Calloni Williams

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